Si è svolta a Milano, il 10 novembre, un’assemblea nazionale della sinistra Cgil. Pubblichiamo in queste pagine un’ampia sintesi di ciò che essa ha discusso e deciso.
Per una rivista mensile come la nostra, non sarebbe necessario aggiungere cenni di cronaca. Ma poiché la grande stampa e la televisione hanno clamorosamente censurato l’avvenimento, è doveroso dare conto seppure in poche righe di ciò che abbiamo direttamente visto e dell’impressione che ne abbiamo tratto.
Siamo andati a quella assemblea con animo preoccupato. Rispetto al precedente appuntamento di giugno lo sforzo di costruire una più grande sinistra sindacale e di ottenere un cambiamento di rotta dell’intera Cgil, anziché procedere, sembrava arretrare.
Il congresso già convocato si stava impantanando; era apparsa nel frattempo qualche tendenza a normalizzare la vita interna (ad esempio in Lombardia); su grandi vertenze appena concluse o ancora in corso erano esplosi conflitti gravi fra sindacati e lavoratori sulle piattaforme e sugli accordi; anziché un allargamento e una maggiore unità della stessa sinistra sembravano riaffiorare antiche incomprensioni al suo interno.
L’Assemblea di Milano ha corretto questo giudizio univocamente pessimistico. Innanzitutto per la sua dimensione: tre o quattro volte superiore a quella precedente. E per la qualità della partecipazione: prevalevano largamente lavoratori in produzione, membri di consigli di fabbrica.
In secondo luogo per l’orientamento che è emerso negli interventi e negli atteggiamenti. Non minoranze arrabbiate e disperse, bensì un pezzo di base operaia e sindacale radicale ma realista, netta nella critica, decisa a presentare un proprio documento da far votare, ma anche capace di rivolgersi all’insieme della confederazione.
In terzo luogo la decisione intelligente di opporsi al rinvio del congresso senza mettere però questo tema al centro di una diatriba formale, ma al contrario cominciando da subito un dibattito di tipo congressuale in ogni sede; come si diceva una volta ‘praticando l’obiettivo’.
Infine, per un’evidente tendenza verso l’unità reale tra i diversi spezzoni che fin qui si distinguevano nella sinistra Cgil. Che sembra cresciuta sulla lezione delle esperienze compiute, stimolata da una pressione dal basso, e legata a scelte di merito cui nessuno può sottrarsi.
Unico, ma non irrilevante elemento di preoccupazione, una sensazione di isolamento. Data da diversi segnali: l’assenza della grande stampa, delle rappresentanze politiche della sinistra di governo, e anche di quella parte della maggioranza della Cgil che finora si era presentata come interlocutrice e alleata possibile per una battaglia di rinnovamento. Le difficoltà quindi restano grandi, ma un certo spazio di iniziativa, e forze reali per costruire qualcosa ci sono.
di Lucio Magri Il Manifesto n. 12, dicembre 2000