A chi è maturato nel ’68 il nome di Lucio Magri, cui questo sito è intitolato, è ben conosciuto: è stato infatti uno dei protagonisti di quella stagione politica e del dibattito che si sviluppò nel PCI, da cui fu radiato assieme al gruppo (Rossana Rossanda, Luigi Pintor, Aldo Natoli, Valentino Parlato, Luciana Castellina e molti altri) che dette vita alla rivista e, poi, al quotidiano Il Manifesto e che si incontrò con una parte significativa del movimento studentesco e dei quadri operai che dettero il via alle straordinarie lotte del decennio successivo.
Quando dal Manifesto nacque, nel 1975, in accordo con la sinistra socialista di Vittorio Foa e quella aclista, il Partito di unità proletaria (PdUP), Magri ne fu segretario e le sue Tribune politiche alla TV in occasione delle campagne elettorali ebbero grande popolarità, nonostante le dimensioni assai ridotte del partito.
Più difficile che la sua figura sia ricordata dai giovani maturati in questi ultimi 15 anni, giacchè Magri si era autoemarginato dalla vita politica, dedicandosi alla scrittura di un libro, ”Il Sarto di Ulm” (Edizioni il Saggiatore 2009), una riflessione critica sulla storia del PCI, anzi la sola compiuta dopo lo scioglimento di quel partito nel 1991.
Magri era nato il 19 agosto 1932 a Bergamo, zona “bianca” per eccellenza, dove la vita politica era quasi interamente dominata dalla DC, entro cui operava allora una forte componente di sinistra, l’ala di Giuseppe Dossetti, che, abbandonata la politica dopo la definitiva scelta neocapitalista di Fanfani, prese la via del sacerdozio. All’inizio degli anni ’50 Magri, che era diventato direttore del settimanale dei Gruppi Giovanili della Dc, “Per l’Azione”, lasciò quel partito assieme a numerosi altri esponenti di quell’organizzazione che poco più tardi approdarono al partito comunista.
Nelle fila del Pci Lucio Magri contribuì ad aprire, e ad approfondire, il dibattito che animò quel partito all’inizio degli anni ’60 attorno alle novità che avevano portato ad un profondo mutamento del paese che, da prevalentemente contadino, stava diventando paese di capitalismo avanzato. L’ala del partito che sosteneva la necessità di prendere atto delle nuove contraddizioni che si erano aperte – rese poi evidenti dall’esplosione del ’68 studentesco ed operaio – ebbe come leader autorevole Pietro Ingrao e come oppositore altrettanto autorevole Giorgio Amendola. Sconfitta dopo il congresso del PCI del 1966 l’ala ingraiana fu emarginata ma continuò a partecipare al dibattito del partito fin quando l’invasione sovietica di Praga non precipitò uno scontro più duro. Il gruppo che dette vita al Manifesto (non tutta l’ala ingraiana) aveva infatti assunto una posizione assai più critica e deciso di dar vita ad una propria autonoma pubblicazione, scelta che produsse la radiazione dal partito.
Il Pdup, pur facendo parte della cosiddetta Nuova Sinistra, fu sempre in gran parte anomalo rispetto alle altre organizzazioni. Si riteneva, infatti, formazione provvisoria, in vista di un processo di riunificazione delle forze tradizionali e nuove del movimento operaio, un obiettivo per cui ha sempre lavorato. Nel 1984, dopo la svolta autocritica di Enrico Berlinguer sull’esperienza del compromesso storico e la definitiva rottura del Pci con l’Unione sovietica – superate dunque le ragioni della divisione che aveva prodotto la radiazione – il Pdup si sciolse e confluì nel Pci, dove i più anziani rientravano e i più giovani entravano per la prima volta. Fu una fase breve, perché la destra di quel partito nel 1989 decise di porre fine al PCI. Nei due anni in cui, attraverso due congressi, si giunse alla conclusione definitiva Magri svolse un ruolo assai importante nel contrastare la decisione della maggioranza. Fu lui a tenere la relazione a nome della mozione numero 2 che si opponeva allo scioglimento (firmatari Ingrao, Natta, Chiarante, Cossutta e molti altri) nel convegno di Arco di Trento, subito prima dell’ultimo congresso del PCI.
Lucio Magri è stato deputato del Pdup, poi del Pci e per un brevissimo periodo di Rifondazione comunista, dal 1976 fino al 1995. Rinunciato volontariamente al Parlamento, anche per via dei dissensi insorti con la linea di Bertinotti in Rifondazione, Magri, come si è detto, si è autoemarginato dalla politica attiva. Ha diretto dal 1999 al 2004 una nuova serie della rivista del Manifesto e quindi si è ritirato a scrivere.
Per una compiuta storia de Il Manifesto e del Pdup vedi, “Da Natta a Natta”, Aldo Garzia, ……. e il più recente volume “Alla ricerca di un altro comunismo”, ed Il Saggiatore 2012.
Lucio Magri si è tolto la vita il 28 novembre 2011. Non riusciva a appassionarsi ad una vicenda politica così povera come quella attuale, era convinto che la sinistra sarebbe rinata ma ci sarebbero voluti degli anni e lui, ormai ottantenne, non era più in grado di contribuire ad una sua ripresa. La morte di sua moglie Mara e la depressione che ne era seguita ha accelerato la sua decisione.
Se una selezione dei suoi scritti è stata ora ripubblicata nel volume citato “Alla ricerca di un altro comunismo”, a cura di Castellina, Crucianelli e Garzia, e se un gruppo di compagni, molti del Manifesto-Pdup ma anche di autorevoli esponenti della sinistra, hanno deciso di aprire questo sito per riversarvi via via tutti gli scritti di Magri, è perché essi sono straordinariamente anticipatori e tuttora validissimi. Pensiamo siano una lettura preziosa per una riflessione seria su cosa sia la politica e cosa dovrebbe e potrebbe essere la sinistra dei nostri tempi.